Tommy la stella dei Giants (1)

Da queste parti non c'è distinzione di sesso o d'età che tenga: tutti, uomini, donne, giovani e meno giovani possono affermare di conoscerli. 

Pochi sono i giapponesi che vi confesserebbero di non sapere chi siano Hoshi Hyuma (Tommy Young) o suo padre Hoshi Ittetsu (Arthur Young), i protagonisti di questa monumentale opera a fumetti.



Kyojin no hoshi (Tommy la stella dei Giants) è senza dubbio la serie regina del spokon manga. È una storia che promuove lo spirito di sacrificio e l'impegno ai limiti del rabbioso. Inoltre, fa da cornice a un quadro già estremizzato dalla rivalità ossessiva tra i vari protagonisti, impegnati nel tentativo di annientarsi sportivamente, anche a costo dell'autodistruzione. Una sorta di paradossale anti sportività.

Tempo fa, giocherellando col telecomando del digitale terrestre, intercettai casualmente uno dei film dedicati alla serie. Per la precisione Kyojin no hoshi - Dai League ball (La stella dei Giants, il lancio della Big League), lungometraggio che risale al 1970. 

Ricordo come rimasi colpito dalle immagini. Sarà stato il rimbombo del sonoro originale o i colori caldi di quell'epoca, sarà stato il tratto spigoloso e ispido dei personaggi o una semplice vampata di nostalgia, non so. Fatto sta che giorni dopo mi precipitai al Book Off più vicino e scovai la vecchia serie allineata su uno degli scaffali stipati di manga, che ti costringono a fermarti anche se non vuoi.



Visto che i miei scarni ricordi si limitavano alla serie televisiva, cioè la versione italiana arrangiata, decisi di procurarmi qualche numero del manga per vedere l'effetto che mi avrebbe fatto rileggerlo dopo tanto tempo. Non che fosse difficile reperire l'intera collezione, visto che la casa editrice Kodansha l'ha ristampata in varie edizioni, come quella ridotta bunko con la copertina ridisegnata per l'occasione.

Ebbene, il risultato è stato superiore alle aspettative. È come se avessi scoperto una storia nuova che non conoscevo! Un manga spettacolare, passionale, drammatico, il non plus ultra del genere spokon dell'era Showa. È stato come fare un salto nel tempo nel Giappone degli anni '60 e '70 a osservare come la  società si stava sacrificando silenziosamente in nome della corsa allo sviluppo post-bellico, incluse le sacche di miseria che il paese non aveva la forza di occultare.

La serie originale che risale al lontanissimo 1966 conta 19 albi e venne pubblicata su Shonen Magazine fino al 1971. Kyojin no hoshi ci mostra un Giappone modesto e laborioso, che con grande sacrificio e coraggio stava costruendosi le basi per quello sviluppo che genererà l'incredibile benessere degli anni '80.



Il disegnatore Kawasaki Noboru, all'epoca ventiseienne, venne scelto nonostante fosse completamente a digiuno di baseball, cosa rara per un giovane della sua generazione. Infatti, inizialmente Kawasaki rifiutò la proposta. Dopo un estenuante tira e molla coi responsabili venne convinto da colui che può essere indicato come il vero fautore del successo di questa serie, cioè il talentuoso sceneggiatore Kajiwara Ikki, un autore che nel suo carnet può vantare lavori importanti come Tiger Mask (L'uomo tigre) e soprattutto un capolavoro come Ashita no Jo (Rocky Joe).

Un aneddoto riguarda il rapporto tra mangaka e sceneggiatore: la makyu (palla magica dall'effetto incredibile), cioè il super lancio che scompariva nella polvere, venne elaborato da Kajiwara praticamente per caso. Pare che lo sceneggiatore ebbe un'intuizione dopo aver visto le improbabili pitching form elaborate da un Kawasaki sempre più in affanno a disegnare le movenze del baseball.

Pare inoltre che Kajiwara volesse editare la prima puntata del manga ad aprile 1966, per mantenere la contemporaneità con l'inizio della Lega Giapponese, ma a causa delle incertezze tecniche di Kawasaki slittò tutto a giugno.



L'anime venne trasmesso parecchie volte sulle nostre televisioni locali. Il cartone animato Kyojin no Hoshi (Tommy la stella dei Giants), prodotto da Tokyo Movie Shinsha, risale al lontano 1968 e si articola in tre blocchi separati. Andò in onda sul network Nippon Television dopo la serie Ogon Batto (Fantaman), il teschio che combatte contro il Dottor  Zero che urlava Il mondo è mio!

Tommy la stella dei Giants lo ricordo a sprazzi nel 1990 su Telepadova, all'epoca affiliata al circuito Italia 7. Quando giunse in Italia, la serie in Giappone era finita già  da un bel pezzo. Complice l'ondata di cartoni giapponesi che invasero le nostre tv private e il linguaggio diverso con cui affrontava una disciplina ostica come il baseball, Tommy la stella dei Giant rastrellò parecchi appassionati nostrani.

In Giappone le tre serie vennero trasmesse a partire dal 1968.

  • Dal 1968 al 1971: Kyojin no Hoshi, 182 ep.
  • Dal 1977 al 1978: Shin Kyojin no Hoshi, 52 ep.
  • Nel 1979: Shin Kyojin no Hoshi II, 23 ep.

Da notare l'ampio stacco di tempo tra la prima e la seconda serie, ma ci tornerò più avanti.

Altra premessa d'obbligo: se in Giappone vi riferite a Kyojin no hoshi, qualcuno potrebbe chiedervi se per caso vi riferite a Sawan hen oppure a Shin. Niente paura, si tratta soltanto dei soprannomi che gli appassionati affibbiarono alle prime due serie. Sawan hen sta per saga del braccio sinistro, mentre Shin indica nuova serie. In Italia, semplicemente la prima e la seconda serie. Invece, la terza serie, quella del 1979, non ha soprannomi in quanto si rivelò un mezzo fiasco e venne segata dopo soli 23 episodi.



Qui in pochi se la ricordano, forse solo i fan più sfegatati. Gira la voce che a bocciarla furono gli stessi autori del manga perché ormai la trama si era staccata notevolmente da quella originale. Mi hanno raccontato che, in realtà, dopo Shin andò in onda Uchu Senkan Yamato II (Star Blazers, seconda serie), che in quegli anni divenne il fiore all'occhiello di Nippon Television.

Terminati gli avvincenti 26 episodi di Star Blazers, l'idea era di staccare dalla fantascienza inserendo la terza serie di Tommy, che era ancora in fase di lavorazione. Tuttavia molti spettatori avevano ancora negli occhi le evoluzioni dinamiche della corazzata spaziale e si lamentarono per la trasmissione di un cartone di genere spokon, perché era considerata una sorta di involuzione temporale. 

Detto fatto, nessun compromesso quando si tratta di Kyojin no hoshi. Nippon Television non perse tempo e al momento buono interruppe la terza serie di Tommy (peraltro molto deludente) per proporre Uchu Kubo Blue Noah (Blue Noah, Mare spaziale), che riprendeva i temi di Star Blazers.



Ad affossare definitivamente Tommy ci pensarono gli anni '80, che decretarono la fine del genere spokon e dello sport concepito in modo estremo e passionale. In Giappone evidentemente non c'era più posto per personaggi come Tommy, Arthur e Alexander. 
I responsabili italiani della serie Tommy la stella dei Giants adattarono il cartone utilizzando l'italianissimo stratagemma dei nomi camuffati. Già la serie animata differisce abbastanza dal manga, soprattutto nel finale, che era stato arrangiato ad arte da Kajiwara per consentire la sua prosecuzione. 
In aggiunta a ciò, la versione italiana stravolse tutti i nomi dei personaggi, preferendo puntare su improbabili termini anglosassoni. I nomi risultano sì più masticabili ai telespettatori italiani del tempo, ma non nulla toglie che, riascoltati oggi, stonino di brutto in un'ambientazione così tipicamente giapponese. Ciliegina sulla torta il Koshien, rinominato Olympiastadium, manco ci giocasse il Bayern Monaco.

La trafila sportiva di Tommy ricalca in modo realistico la probabile carriera di un talento nel mondo del baseball, che da studente approda nel professionismo. Le divise e i nomi sui tabelloni segnapunti dei team affrontati dagli Yomiuri Giants fanno sospirare di nostalgia parecchi giapponesi delle generazioni precedenti.



È interessante notare l'evoluzione delle varie franchigie della lega professionistica giapponese. Quando Tommy fece il suo ingresso virtuale nella Nippon Professional Baseball (1967), molte squadre della lega si chiamavano in modo differente rispetto ai nomi attuali. Tra l'altro, nel manga i Toei Fighters vestono un'uniforme con la scritta Flyars, trascrizione errata del nome Flyers. Ho recuperato alcune di quelle denominazioni.

Ecco la lista. A fianco il nome dell'attuale franchigia:

  • Sankei Atoms = Tokyo Yakult Swallows
  • Taiyo Whales = Yokohama Baystars
  • Hankyu Braves = Orix Buffaloes
  • Nankai Hawks = Fukuoka Softbank Hawks
  • Tokyo Orions = Chiba Lotte Marines
  • Nishitetsu Lions = Saitama Seibu Lions
  • Toei Fighters = Nippon Ham Fighters

(1- continua)


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