CROSS ROAD〜kaze no yukue, il secondo film su Touch
Kishotenketsu, mi insegnavano all’università.
Una parola composta da quattro ideogrammi (起 ki, 承 sho, 転 ten, 結 ketsu) che indicano gli elementi -introduzione, sviluppo, svolta e conclusione- su cui è strutturata la poesia giapponese, a imitazione di quella cinese classica. Una matrice su cui impostare e sviluppare una storia. Dovesse mancare uno di questi quattro elementi, si direbbe che la narrazione non abbia la giusta sostanza.
Nel lungometraggio Touch CROSS ROAD 〜 kaze no yukue, il ki, l’inizio che pone le basi della storia e introduce i personaggi, esiste, ed è un'eredità di Touch – Miss Lonely Yesterday, il film precedente datato 1998.
Il ten, la svolta che dovrebbe introdurre una circostanza inaspettata, un nuovo amore oltreoceano di Tatsuya, un eventuale viaggio di Minami in America o una presunta scappatella tra Minami e Nitta, si limita invece a sviluppare una serie di sottotrame fiacche, con personaggi altrettanto privi di spessore, che non danno consistenza alla storia.
Gli sceneggiatori del 2001 hanno costruito le vicende di CROSS ROAD realizzando un sequel tirato per i capelli, infarcito di superficialità e appesantito da sottotrame noiose. Inoltre, le fisionomie dei protagonisti sono diverse da quelle del cartone storico, e non è facile abituarsi a questo cambiamento.
Hanno davvero intenzione di calare il sipario su un’opera fondamentale come Touch in maniera così raffazzonata? E chissà cosa ne pensa l’autore. Se Adachi avesse concepito almeno un abbozzo di trama, forse il risultato sarebbe stato migliore. Invece, non ha voluto avere voce in capitolo nei due film televisivi.
Ore, yakyu yaru yo! (Io giocherò a baseball!) esclama Tatsuya. Il giovane fa i bagagli e si trasferisce di punto in bianco in America, a Greentown, per tentare la carriera semiprofessionistica nelle Minor League con i modesti Green Emeralds.
Nel frattempo Minami, l'eterna insoddisfatta, abbandonata la ginnastica ritmica e sempre alla ricerca di un nuovo obiettivo, intraprende la carriera di assistente per il fotografo sportivo Fujimura. Tuttavia, tra un servizio fotografico e l’altro, si rende conto della solitudine che permea la sua vita in un Giappone senza Tatsuya.
Cosa ha spinto il giovane lanciatore a tornare a giocare a baseball? Non poteva farlo restando in Giappone? Tanto più che il suo ingombrante fardello, il costante confronto col gemello Kazuya, è ormai un ricordo lontano. Il rapporto con Minami prosegue, e la carriera sportiva di Tatsuya, vincitore al Koshien, ha ormai superato di gran lunga quella del defunto Kazuya.
Dal punto di vista tecnico, per un giapponese è difficile giocare in una lega americana senza aver maturato una certa esperienza in patria, almeno a livello universitario. Inoltre, giocare all’estero richiede la conoscenza della lingua locale, a meno che non ci sia un interprete fisso al seguito. Ed è improbabile che Tatsuya abbia imparato così bene l’inglese. Che fine ha fatto la barriera linguistica, così ostica per molti giapponesi all’estero? Come se non bastasse, nel film tutti gli altri giocatori sembrano parlare giapponese come se fosse la cosa più naturale del mondo. Un espediente tipico delle vecchie produzioni animate degli anni '70 e '80, dove gli stranieri comunicano coi giapponesi senza alcuna difficoltà.
Un paio di numeri e un curioso crossover
Partiamo dai numeri: il 2001 e il 16. Il primo si riferisce all’anno di uscita del film televisivo, trasmesso in occasione del Kin’yobi Road SHOW, un appuntamento simile al nostro Lunedì Film della Prima Rete RAI negli anni '80. La produzione sfruttò l'onda dell’entusiasmo per il trasferimento in Major League di Suzuki Ichiro, dagli Orix Buffaloes ai Seattle Mariners. Il design della divisa dei Green Emeralds di Tatsuya ricorda moltissimo quella dei Mariners.
Quanto al numero 16 indossato da Tatsuya, venne scelto in onore del leggendario Nomo Hideo, famoso lanciatore dei Kintetsu Buffaloes dei primi anni Novanta. Nomo, celebre per il suo lancio tornado, debuttò in Major League nel 1995 con i Los Angeles Dodgers, diventando il primo professionista giapponese a trasferirsi stabilmente in America. Quel debutto aprì le porte della MLB ai giocatori nipponici, fino ad allora sottovalutati dai club statunitensi.
Crossover?
A circa un terzo della storia, il film mostra una telefonata tra Minami e Tatsuya. Lei è in Giappone, mentre lui la chiama da una cabina telefonica negli Stati Uniti. Siamo nell’aprile 2001, come testimonia il calendario alle spalle di Minami. Sullo sfondo, oltre il bancone, si scorge il padre di Minami seduto di spalle a sfogliare un quotidiano. Per un paio di istanti, sulla pagina destra compare un articolo con gli ideogrammi Tachibana Hideo e Meiwa Daiichi e la foto di uno dei protagonisti del manga H2.
A giudicare dalla foto, Hideo, che indossa l’elmetto del liceo Meiwa, dovrebbe essere ancora uno studente, quindi al massimo diciottenne. Minami e Tatsuya, da poco laureati, dovrebbero avere 23 o 24 anni. Ne consegue che H2 presenti un ritardo di almeno cinque o sei anni rispetto alle vicende narrate nel film. Tuttavia, alcuni dati oggettivi smentiscono l’ipotesi di crossover.
L’ottantesima edizione del Koshien, descritta nella parte finale del manga H2, quella della grande semifinale tra il Senkawa di Hiro e il Meiwa Daiichi di Hideo, si svolse nel 1998, quindi almeno tre anni prima degli eventi del film. Il quotidiano nel film non può che essere datato 2001, a meno che il padre di Minami non stesse leggendo un vecchio giornale o che si trattasse di una foto di repertorio.
Ma l’errore più grave è un altro: in Touch, la finale del Koshien vinta da Tatsuya al suo terzo e ultimo anno di liceo si disputò nel 1986, quindi molti anni prima degli eventi raccontati qui. Se si fosse rispettata quella linea temporale e calcolando gli anni successivi di università, le vicende del film avrebbero dovuto collocarsi all’inizio degli anni '90, di certo non dopo il 2000.
I conti, insomma, non tornano: una falla cronologica di almeno dieci anni e un crossover poco convincente... peccato.




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