Sunday e H2, luglio 1992
I corposi settimanali di carta grezza dedicati ai manga per ragazzini, nonostante la dittatura di internet, sgomitano tuttora per mantenere la loro presenza nelle edicole giapponesi. Il progresso, però, non fa prigionieri.
Nel tempo sono cambiate le regole della comunicazione e, ora che la carta rischia di passare il testimone al digitale, non si contano più le testate che hanno abbandonato la scena. Alle prese con la rivoluzione digitale, le sue mille fonti e i contenuti reperibili ovunque, questi settimanali hanno perso il loro vecchio fascino.
Ormai, al giorno d'oggi, spesso per pigrizia o per risparmiare, piuttosto che uscire ad acquistare una rivista in edicola si preferisce cercare qualcosa di meno ingombrante su Amazon. Sistema comodissimo, ci mancherebbe. Rimane comunque un pizzico di dispiacere per l'andazzo ma d'altronde non si può pretendere di avere tutto. I caposaldi del settore, autentiche fonti di informazione storica per tracciare la storia dei manga più famosi, rimangono ancora un formato cartaceo acquistato dagli appassionati giapponesi, anche se ormai qui se ne vedono pochi in giro. Di sicuro non come ai primi anni Novanta, quando sbarcai qui per la prima volta.
Qualche cenno storico imprescindibile, e qui wiki giapponese aiuta. A partire dalla fine degli anni Sessanta, periodo di sviluppo e graduale crescita, il panorama del settore manga per ragazzi viveva ancora in una fase ibrida, con i fumetti inseriti come diversivo in mezzo ad argomenti di moda. Poi, una straordinaria euforia alimentata dal boom economico spinse tutti i grandi editori a lanciarsi senza più remore in vari progetti. E così, tra speranze e sogni, videro la luce altre testate di grande impatto. La competizione accelerò il processo, innescando un clamoroso successo dei settimanali dedicati al pubblico giovane, che abbraccia, includendo i soggetti precoci e i ritardatari, la fascia d'età dai 10 ai 20 anni.
Shukan Shonen Sunday è la rivista a cui sono più affezionato, per i manga che pubblicava, ma soprattutto perché fu la prima che acquistai (di mercoledì, giorno di uscita, e non di domenica come farebbe supporre il nome). Ricordo ancora come rimasi ipnotizzato dalla copertina che pubblicizzava il lancio di H2.
Un ulteriore passo indietro. Sunday visse tre fasi nettamente separate per sviluppo e tendenza. Negli anni Settanta, imparata la lezione dal confronto perso contro la rivale storica MAGAZINE, Sunday abbandonò celebrità, consigli e tendenze sulla moda per concentrarsi solo sui manga. L'obiettivo era sviluppare una rivista che sia i genitori che i figli potessero sfogliare in tutta tranquillità. Ecco dunque titoli cari ai papà, come Gekko Kamen, affiancati ai nuovi eroi come Ultraman Taro e Getter Robo. Ma la competizione di nuovi giganti editoriali come JUMP e CHAMPION sottrasse a Sunday altri giovani lettori, attratti dalle nuove storie e delusi dal cambio di rotta precedente.
Arrivò la mini svolta. Nella seconda metà del decennio esordirono, tra gli altri, Ganbare Genki (Forza Sugar), Red Pegasus e Oyako Detective, tutte storie imperniate su una marcata drammaticità. Infatti Sunday puntò su questa componente, con qualche eccezione, come nel caso dello spassoso Dash Kappei (Gigi la trottola), e si ritagliò l'immagine di rivista di manga d'impatto duro e pesante.
Negli anni Ottanta arrivò l'altra grande svolta, che fece innamorare tanti lettori! Sunday apportò una ventata innovativa e fu il primo settimanale a puntare su storie incentrate su amicizia e sentimento, a discapito di sforzo e abnegazione. Fu il boom della love comedy, Urusei Yatsura (Lamù) e Touch (Prendi il mondo e vai) su tutti, che permise a Sunday di vivere la sua età dorata a suon di record di vendite. Poi, nella seconda metà del decennio, i due grandi successi chiusero i battenti e la spinta si indebolì.
Ed eccoci all'assestamento negli anni Novanta, che vissi in diretta. Qualche sprazzo di successo grazie a Ranma ½, Patlabor e YAIBA, seguiti da Ushio e Tora, GS Mikami, per arrivare a H2. Quindi Sunday dovrà aspettare la seconda parte del decennio per lanciare e godersi una nuova serie trascinante. Nel 1994, infatti, debutterà Detective Conan, la gallina dalle uova d'oro .
La rivista a cui sono più affezionato è la prima che mi capitò di acquistare qualche settimana dopo l'arrivo in Giappone. Era uno degli ultimi giorni di luglio 1992, la vigilia della 74ª edizione del Koshien, quella vinta dal Nishinippon Tandai Fuzoku di Fukuoka (coincidenza, un liceo della città dove risiedo oggi). Il tutto accadeva a sei anni dalla conclusione di Touch, il cui anime trasmesso da noi col titolo di Prendi il mondo e vai all'interno di Bim Bum Bam mi aveva fatto scoprire il torneo e il mondo del baseball liceale.
Scelsi l'edicola davanti all'ingresso della stazione di Kaminakazato, che si trovava a circa metà della salita che costeggia il parco del santuario Hiratsuka. L'ultima volta che sono passato da quelle parti, circa un anno fa, purtroppo l'edicola non c'era più. Mi feci coraggio e, complice un giapponese ancora traballante, mi limitai a indicare la rivista all'edicolante che mi stava fissando intimorito dall'idea che gli potessi chiedere delle indicazioni stradali. Intanto io, sul palmo della mano tesa, avevo già preparato i duecento yen che mi avrebbero procurato l'agognato numero 32 di Shukan Shonen Sunday.
L'edicolante afferrò le due monete, mi allungò il tomo e mi ringraziò per l'acquisto. Era rimasto spiazzato da quello straniero che si era presentato all'edicola non per chiedere informazioni, bensì per acquistare una rivista con degli ideogrammi. Comprensibile, visto che a quei tempi non circolavano molti gaijin. Di sicuro non a Kita-ku, un quartiere residenziale dove non si respirava l'aria di internazionalità di Shinjuku o di Shibuya.
Tutto gongolante col mio tomo sottobraccio mi avviai alla banchina della stazione, binario due, e mi misi in coda aspettando il treno dei pendolari. Avevo finalmente tra le mani la mia prima rivista acquistata in Giappone! Osservai i dettagli di quella meraviglia rilegata. Il tomo era grosso e ingombrante ma la copertina multicolore era uno spettacolo, tutta liscia e patinata, dai colori sgargianti.
Nemmeno il tempo di accomodarmi all'interno del vagone blu argento della Linea Keihin-Tohoku che mi avrebbe portato a Tabata, che avevo già terminato di sfogliare le trenta pagine iniziali dedicate al debutto di H2. Col trascorrere delle settimane, i capitoli di H2 mi lasciarono un'ottima impressione: era una storia scorrevole, tecnicamente ineccepibile, che invogliava a leggere il seguito.
Mi accorsi che aveva molti più inserti di baseball rispetto al famoso predecessore Touch. A mio parere, due i suoi punti di forza: certamente la trama, efficace nello scandagliare il mondo del baseball liceale, del quale l'autore dimostrava di conoscere perfettamente i riti e i meccanismi, oltre a un disegno, che tratteggiava in modo spettacolare paesaggi e scorci urbani, con quell'atmosfera tipica di Adachi introvabile nei fumetti occidentali.
Prima del rientro in Italia mi segnai il titolo sul taccuino. In un'epoca priva di Internet, smartphone e Amazon, era necessario annotarsi le serie interessanti con la speranza di riuscire, in futuro, a mettere le mani sui primi tankobon rilegati. Cosa che avvenne puntualmente un anno dopo, quando tornai da quelle parti.
La rivista che segnò il debutto di H2 la si può trovare alla casella 19 della lista delle quaranta opere che impreziosiscono gli scaffali virtuali del Sunday Meisaku Museum.

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Ah che invidia! Io nello stesso periodo potevo solo aspirare a comprare il primo numero di Kappa Magazine e mi sentivo già al settimo cielo se lo trovavo in edicola.
RispondiEliminaCiao
Giù
Ciao Giù!
EliminaSono sicuro che avevamo le stesse sensazioni, soltanto in luoghi diversi.
Per inciso, i Kappa Magazine, quando e se li trovavo in edicola, li compravo pure io.