Forza Sugar (2)

I cartoni di una volta rappresentano un movimento sostenuto da un’incrollabile base di fedeli appassionati, prevalentemente persone dai quarant’anni in su, cioè coloro che ne hanno vissuto le origini e il boom: gente spesso vittima dell’effetto nostalgia.



Mi sono sempre imposto di non cadere preda della nostalgia, uno stato d’animo invitante ma anche subdolo, perché può trascinare il malcapitato in un vortice di ricordi malinconici che rischia di impedirgli di andare avanti. Quando si riguardano le care vecchie serie televisive degli albori, la nostalgia va gestita in maniera positiva: rivedendo certi cartoni d’epoca, infatti, si possono rievocare sensazioni e atmosfere del passato — come si viveva, cosa si faceva, dove si era — e tutto ciò può regalare emozioni piacevoli.  

Esiste, certo, il timore che toccare certi tasti provochi emozioni troppo intense, ma c’è anche il rischio opposto. Rivedendo, ad esempio, un cartone amato da ragazzi, i ricordi della prima visione si sovrappongono alle sensazioni da adulti e il confronto può risultare stonato: serie che allora sembravano eccezionali oggi possono apparire deliziosamente ingenue e, a volte, poco soddisfacenti.  

Le nuove generazioni sono immuni all’effetto nostalgia: oggi, infatti, ogni informazione o contenuto è accessibile in pochi istanti. Noi vecchietti, invece, per almeno un decennio abbondante, a causa dell’assenza di fonti e della mancanza di Internet, non abbiamo potuto rivedere i miti della nostra gioventù. Ritrovarli dopo dieci, venti o trent’anni provoca spesso emozioni fortissime. In fondo, ciò che chiediamo a quelle vecchie serie TV è solo di riportarci a quel periodo spensierato: è un po’ come ritrovare vecchi amici.  

Talvolta mi capita di imboccare questo nostalgic boulevard: rivedere un cartone della mia infanzia, in italiano (ora che potrei persino guardarlo in lingua originale), con i suoi adattamenti un po’ sgangherati, mi regala ancora belle emozioni. Durante queste operazioni nostalgia mi godo l’effetto macchina del tempo e sono disposto a sorvolare su vecchi difetti pur di risentire certe voci e dialoghi familiari.  

Il bello sta proprio nel guardarli con mente serena, senza pensare al contorno. Mi sono reso conto che, in quegli anni, non perdevo tempo davanti alla TV, come mi veniva spesso rimproverato: stavo vedendo cose incredibili.  

Tutto questo discorso per arrivare a citare un titolo su tutti: Forza Sugar (Ganbare Genki), un cartone talmente coinvolgente che mi capita di rivedere spesso ancora oggi. La voglia impulsiva di rileggere il manga torna almeno una volta ogni due o tre anni.



I personaggi di Forza Sugar sono tutti, a loro modo, onesti e coerenti. Non esiste un vero cattivo su cui riversare antipatia: nessuno possiede una personalità genuinamente malvagia. Tutti, alla fine, si rivelano brave persone. Il merito è soprattutto di Sugar che, grazie alla sua abnegazione e rettitudine, purifica chi gli sta intorno, sollecitando le migliori qualità dei suoi interlocutori. Si redime persino il campione Seki, detestabile fin dalle sue prime apparizioni, così come Brisco, il talentuoso sbruffone. Questi orgogliosi rivali, dopo un lungo percorso costellato di provocazioni fisiche e psicologiche ai danni del protagonista, finiscono per risultare figure positive e rispettabili.  

I nonni di Sugar sono benestanti, proprietari di una sfarzosa villa in stile europeo. Detestano Peter Pugno d’acciaio Pepper, un giovane pugile scapestrato che aveva convinto la loro unica figlia, Minako, ad andarsene di casa. Sono convinti che, a causa di Pepper, Minako abbia dovuto vivere una vita dura, fino ad ammalarsi e morire prematuramente. Ecco perché si affezionano così disperatamente al piccolo Sugar, ultimo legame con la loro amata figlia.  

Dopo la morte di Pepper — avvenuta in seguito a un drammatico incontro contro il campione Seki — i nonni accolgono Sugar nella villa di famiglia. Nonostante il divieto, il ragazzo non abbandona mai i guantoni da boxe e si allena in segreto. Ma la boxe è per i nonni motivo di profondo rancore, e non perdono occasione per denigrare il defunto genero. Sugar, tuttavia, non se ne risente e si sforza di essere il nipote modello che loro desiderano.  

Passano gli anni e, a quindici anni, nonostante i brillanti voti scolastici, Sugar rinuncia all’esame di ammissione al liceo — il primo vero spartiacque nella vita di uno studente giapponese — e decide di trasferirsi a Tokyo per diventare pugile professionista. Alla fine, anche i nonni si arrendono e fingono di non accorgersi della sua fuga. Quella notte, Sugar parte di nascosto e lascia il paese.



A Tokyo, il giovane talento scala rapidamente il ranking, affrontando nel frattempo numerose vicende sportive e sentimentali. A diciannove anni, raggiunge l’apice affrontando e sconfiggendo il campione Seki dopo un match epico, vendicando così suo padre. Su consiglio del suo allenatore, consapevole che Sugar ha ormai perso ogni motivazione, il ragazzo si ritira dopo la vittoria e decide di tornare al paese. Chiama i nonni, promettendo loro di abbandonare la boxe e riprendere gli studi.  

Mishima, mentore di Sugar, vive un’intensa e tormentata storia d’amore con la maestrina Ashika. Dopo Pepper Pugno d’acciaio, è lui la figura che più ha influenzato la vita pugilistica di Sugar. Mishima, però, è segnato dall’alcolismo e conduce una vita autodistruttiva. Prima di precipitare del tutto, intuisce che Sugar può realizzare il sogno che lui non ha saputo compiere, e decide di allenarlo. Gli allenamenti in palestra, la permanenza in carcere e l’ultimo sparring tra i due prima della morte di Mishima sono tra le sequenze più commoventi della storia.



Se Mishima è un fratello maggiore, la maestrina Ashika rappresenta una sorta di sorella maggiore per Sugar. Nel corso della narrazione si scopre che, in passato, era stata la fidanzata di Mishima. Dopo la sua morte, Ashika si trasferisce a Tokyo: il rapporto con Sugar si fa più intenso e complesso, fino a evolversi in una relazione sentimentale. Tuttavia, permangono zone d’ombra, soprattutto riguardo al suo rapporto con Seki.

In gioventù, Seki era stato rivale sia sportivo sia amoroso di Mishima. Geloso della relazione tra lui e Ashika, lo sfidò e lo sconfisse duramente, compromettendone la carriera. Dopo la morte di Mishima, Seki tenta nuovamente di avvicinarsi ad Ashika, proprio alla vigilia del match decisivo contro Sugar.



Alcuni risvolti del finale si avvicinano più a un dramma sentimentale che a un classico manga sportivo. Koyama descrive con grande accuratezza l’avvicinamento e la vigilia dell’incontro, arricchendo il racconto di tensione. Durante il round decisivo, Seki rivede nelle movenze di Sugar le ombre di Pepper e di Mishima, come se i due vegliassero su di lui. Nonostante i ripetuti atterraggi, Sugar continua sempre a rialzarsi, fino a quando è Seki a crollare al tappeto, colpito dal gancio vincente del ragazzo.

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