Il fallimento dell'altra Mimì (4)

Riguardandolo oggi, per essere uno spokon femminile vecchio stile Ashita e Attack! non è affatto male. Il problema è che doveva raccogliere l’eredità pesante delle appassionanti storie di pallavolo che imperversavano negli anni '70.

Anche se la premessa della ricostruzione del club sportivo è interessante, dal punto di vista della struttura narrativa l’opera non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione di essere un clone di titoli come Spike 1 2 3, Viva! Volleyball o Attack No.1. Tuttavia evita alcuni eccessi melodrammatici di Attack No.1 e soddisfa chi non apprezza l’esagerata frivolezza anni ‘80 di Attacker YOU! (Mila e Shiro due cuori nella pallavolo).

Ashita e Attack! manca di un fascino particolare o di elementi spettacolari e perciò, anche volendo essere generosi, si ferma a un'opera discreta. Semplicemente, l’intero concept risultò ormai fuori tempo per l’epoca. Forse, avrebbe funzionato meglio come manga, mentre come anime trasmesso a livello nazionale, semplicemente non era adatto al momento. 

Non che fosse una cattiva produzione, ma propose delle dinamiche e dei contenuti anonimi e poco avvincenti. All’epoca, gli anime erano dominati da trame esagerate e spettacolari e uno scenario ordinario ambientato in un club scolastico risultò troppo banale e poco attraente, incapace di catturare l’interesse degli spettatori.



Alcuni difetti di uno spokon vagamente incompiuto

Sebbene la storia mostri dei tratti spigolosi, come il carattere duro di Asuka nella prima parte o le angherie della capitana del club di basket, non si percepisce la presenza morbosa di un personaggio cattivo. Anche se gli allenamenti sono rigorosi, per essere uno spokon femminile vecchio stile si nota scarsa durezza psicologica.

Asuka, inizialmente isolata, si integra gradualmente nella squadra. Pur senza un vero approfondimento del loro rapporto, le ragazze della squadra mostrano una certa individualità. Anche le atlete rivali sono guidate da un senso dello sport sano e sereno, il che è piacevole da vedere. 

Ma se è vero che ci sono pochi momenti spiacevoli, va detto che quelli veramente drammatici, il sale di ogni storia, sono quasi assenti. Sembra che le squadre si affrontino in modo quasi piatto. Lo sviluppo delle partite è ripetitivo e prevedibile: il Tachibana viene sorpreso e sopraffatto dalla tattica avversaria → il coach interviene in maniera blanda → le ragazze si riprendono psicologicamente e contrattaccano. 

Nonostante gli scambi movimentati che caratterizzano uno sport istantaneo come la pallavolo si notano troppe immagini statiche. Anche le dinamiche mentali e le strategie sono trattate superficialmente. La finale è completamente priva di tensione e si conclude in modo sbrigativo.



La sigla che è rimasta nel cuore

Nell’episodio finale, terminato il loro ultimo anno di liceo, seppur abbiano vissuto un anno da sogno, Mimi e Asuka si avviano verso strade diverse. Le due riflettono sul loro futuro dopo il diploma.

Durante la sigla, le protagoniste sorridono, circondate da crisantemi bianchi in piena fioritura, e pur tenendosi per mano si allontanano in direzioni opposte.

La sigla cantata da Horie Mitsuko, un testo struggente e malinconico, accentua ulteriormente questa emozione. Il titolo stesso, Ashita e Attack! (Attacco al domani!), esprime questa voglia di lottare per un futuro migliore. L’opening rimane un brano molto apprezzato da una certa generazione e potrebbe capitare di risentirlo ancor’oggi in qualche sperduto karaoke di provincia.

A proposito del titolo, la traduzione italiana dipende un po' dal contesto e dal tono che si vuole mantenere: Attacco al domani! forse suona più diretto e forte, un imperativo o uno slogan che ben si adattano al genere spokon. Mentre Attacco verso il domani! è più letterale e forse più poetico, ma meno immediato. Volendo mantenere il senso di slancio e determinazione, direi che Attacco al domani! è probabilmente più efficace e scorrevole, benché meno letterale.



Ecco la mia traduzione in italiano della sigla giapponese (la si può confrontare col testo di quella cantata da Giorgia Lepore).

"Il vento non dice nulla, ma...

la palla bianca e il campo azzurro...

di certo mi indicheranno...

che colore ha il giorno chiamato domani...

che colore ha la cosa chiamata sogno.

Perciò, perciò, con il sudore sulla fronte...

Attacco al domani, al domani, al domani.

Nessuno dice nulla, ma...

le compagne di squadra che hanno condiviso con me...

la tristezza di ieri...

mi stanno aspettando...

Che colore ha il giorno chiamato domani?

Che colore ha la cosa chiamata amore?

Perciò, perciò, stringo forte le mani unite...

Attacco al domani, al domani, al domani.

Ora non riesco a vedere nulla, ma...

quando risuonerà il fischio d’inizio della partita...

dentro di me sgorgherà...

la voglia di lottare che mi dà la giovinezza...

Che colore ha il giorno chiamato domani?

Che colore hanno i giorni della giovinezza?

Perciò, perciò, affido un desiderio al cielo di oggi...

Attacco al domani, al domani, al domani."

Anche se Ashita e Attack! fu definito un mezzo fallimento e il doppiaggio italiano lasci un po' a desiderare, credo che sia un anime meritevole, che vale la pena vedere almeno una volta. Lo consiglio a chi ama le storie sportive sincere e poco pretenziose.

(4- fine) 

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