Il fallimento dell'altra Mimì (3)
La storia di Ashita e Attack! si divide grosso modo in due filoni: la Saga di Ichijo Asuka e la Saga dei tornei scolastici.
All’inizio, la trama ruota molto attorno al comportamento ribelle di Asuka e alle difficoltà del gruppo nel gestirla. Anche Shiraki Rumi (nella versione italiana, Rumi O’Brian), del club di basket femminile, all’inizio è davvero odiosa e provoca con cattiveria il club di pallavolo. Rumi mostra quel comportamento meschino e velenoso tipico delle ragazzine ricche malcresciute. Ma ciò diverte è che, a parte Rumi, tutte le sue compagne di squadra sono disegnate come delle racchie. Evidentemente lo sceneggiatore aveva puntato tutte le risorse su di lei, trascurando completamente le altre.
La fatica della scalata
Inizialmente, Mimi si confronta con molti problemi: le angherie della Shiraki, la mancanza di un comitato di supporto, nessun fondo, nessuna uniforme, nessun insegnante supervisore. Nel frattempo, Asuka continua a creare attriti e ulteriore confusione. Lo spokon è sempre in agguato.
La pallavolo prevede sei giocatrici. Dato che il club ha esattamente sei elementi, ogni volta che una ragazza si fa male o perde motivazione, partono i tormentoni "non possiamo giocare in cinque" oppure "non ha senso allenarci se tanto non possiamo giocare". Occorrerà più della metà della storia per risolvere il problema delle giocatrici contate. Sei giocatrici senza riserve, la maggior parte priva di esperienza: una situazione al limite che rappresenta un classico di uno spokon.
Mimi non ha un attimo di tregua. Ignoravo che esistessero dei comitati scolastici di supporto ai club sportivi. Anche l’esistenza delle riunioni dei giovani presidenti di club per decidere la ripartizione del budget annuale tra i club sportivi è stata una scoperta.
Quando, finalmente, le ragazze riescono a formare una squadra, il primo incontro di allenamento è contro una squadra maschile di pescatori in pausa rientrati dopo una lunga trasferta di lavoro: una semplice partita improvvisata contro dei dilettanti che il Tachibana riesce persino a perdere. Ma proprio condividendo l’umiliazione della sconfitta, si rafforza il desiderio collettivo di rialzarsi. Il Giappone dello spokon insegna: quando si ha un obiettivo comune riconoscibile, la forza dell’organizzazione inevitabilmente cresce.
Le rivali e gli omaggi all’altra Mimì
La seconda parte è dedicata alle partite del torneo scolastico estivo chiamato Inter-High. La storia si svolge nell’arco striminzito di circa sei mesi, dall’inizio del semestre di aprile al campionato estivo nazionale che coinvolge i migliori licei e si tiene ogni anno ad agosto nell'ambito dell'Incontro Sportivo Nazionale delle Scuole Superiori, abbreviato in Inter-High. Era uno dei tre principali tornei scolastici, insieme al Campionato Giapponese di Pallavolo delle Scuole Superiori di Primavera (Haru Ko Baree) e al torneo nell’ambito dei Giochi Nazionali della Gioventù (Kokutai). Poi, dal 2010, si è deciso di modificare il calendario dei tornei per agevolare gli studenti del terzo anno.
Come da tradizione in questo tipo di opere, a un certo punto spuntano delle rivali dotate di tecniche eccezionali. Tra queste rimangono impressi alcuni personaggi stravaganti e affascinanti che però, purtroppo, non vennero sfruttati appieno, lasciando una sensazione di potenziale inespresso.
Ashita e Attack! contiene numerosi elementi che possono essere interpretati come omaggi al celebre Attack No.1. L’elemento più immediato è che il liceo Tachibana è situato in una città portuale, proprio come lo era il liceo Fujimi.
A seguire, Hattori Kyoko, ragazzina benestante che si allena nella sua villa con un macchinario per le schiacciate e inventa un colpo speciale che mira al volto dell’avversaria. Una vicenda praticamente identica a quella del personaggio di Mihara Yumiko in Attack No.1.
Molte tecniche sono al limite del bizzarro: il liceo Daisetsuzan che proviene dal nord del Giappone sfrutta delle battute che sfidano la gravità, salendo invece di scendere appoggiandosi al servizio chiamato battuta Tempesta di Neve. E come non menzionare la squadra del liceo Kakinoki, che si affida a una studentessa di un metro e novanta, un’altezza impressionante per quei tempi?
Gli omaggi ad Attack No.1 si sprecano
C’è l’attacco Danza del Drago del liceo Ryusei di Nagasaki: in pratica, una combinazione a sei giocatrici del famoso attacco delle tre sorelle K dell’altra Mimì. Anche il modo per contrastarlo è identico: ognuna delle ragazze del Tachibana dovrà marcare una sola avversaria. Da segnalare anche il Piano Computerizzato e l’uomo misterioso con la telecamera del Liceo Rinsen, espedienti simili a quelli proposti dal Tonan Gakuen dell’altra Mimì, incluso l’allenamento in stile robotico.
Nel match finale contro lo Shijodori, le avversarie sfoderano una tecnica combinata che sembra un numero da circo! Una fa una capriola in avanti mentre le altre due si preparano a schiacciare, confondendo l’avversaria che non capisce quale delle due colpirà la palla.
Valutazione grafica e narrativa
I fondali dettagliati come da tradizione dalla Nippon Animation hanno reso quest’opera abbastanza curata per gli standard dell’epoca.
Credo che nel valutare la qualità complessiva di un’opera non abbia più senso distinguere tra nuovo e vecchio. L’ideale sarebbe affrontare ogni opera senza preconcetti generazionali e godersela così com’è. Se una serie è datata, nessun problema, va bene così. Per inciso, guardando alcuni anime recenti, mi capita spesso di notare come una grafica bellissima sia abbinata a una trama o una regia scadenti.
Lo stile grafico è gradevole. L’anime è datato, ma il character design è semplice e pulito e le animazioni sono più fluide rispetto ad altri anime dell’epoca.
Purtroppo, la trama di Ashita e Attack! è nel complesso banale. La sceneggiatura e la regia mancano di quel pizzico di incisività in più e ciò abbassa la qualità complessiva. Soprattutto, a mio parere, manca quell’energia travolgente e la risonanza coi tempi che avevano reso Attack No.1 così coinvolgente e che rappresenta l’essenza dello spokon.
In compenso, abbondano le scene in cui le giocatrici si allenano all’alba o al tramonto, nei campi o sulla spiaggia, certi scenari, le scuole rivali, le uniformi, le abitazioni dell’epoca Showa. Questo anime avrebbe tutto il necessario per scatenare una buona dose di nostalgia nei giapponesi. Vederlo è un po’ come intraprendere un viaggio nel tempo e viene spontaneo pensare alla semplicità e alla spensieratezza di quell’epoca.
Per non parlare del cast vocale. Infatti, ricontrollando la lista dei doppiatori, la cosa più sorprendente è la straordinaria qualità del cast dei doppiatori giapponesi. Non solo i protagonisti principali, ma anche i personaggi secondari vennero interpretati da attori noti e talentuosi. Oggi molti doppiatori sono delle celebrità, ma all’epoca erano figure poco considerate. È notevole che un’opera così di nicchia sia riuscita a raccogliere tanti nomi illustri.
(3- continua)




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